È il 24 novembre del 1977. Nessuno lo sapeva, ma un giovane (27 anni) cantautore italiano stava per fare due cose nello stesso istante: acciuffare il successo commerciale, e rovinare per sempre il suo rapporto con i critici musicali. Il cantautore era Alan Sorrenti, e il suo trionfo fu il brano per cui ancora oggi è ricordato: Figli delle stelle. Solo che quel trionfo di pubblico non gli fu mai perdonato dalla critica, che a partire da quel brano lo etichettò come traditore venduto alla disco music. Ecco la sua storia.
Italia primi anni ’70. L’Ital Prog
I musicisti italiani che cercavano una strada personale verso le sonorità prog che arrivavano dall’UK erano sinceri, e si impegnavano con tutto se stessi. È esistito veramente un prog italiano, con temi, sonorità e progetti diversi da quelli UK o USA. Molto di quel mondo oggi è dimenticato, e forse ci si ricorda solo della grande Triade PFM-Banco del Mutuo Soccorso – Orme, i tre gruppi simbolo di quel periodo. Era un momento in cui le nuove tendenze musicali che venivano dall’UK arrivavano in Italia, venivano accolte come la nuova rivelazione, e i giovani musicisti cercavano in ogni modo di farle proprie. La critica poi passava gran parte del tempo a creare paralleli tra gli autori italiani che spuntavano e i nomi UK, così da poter etichettare tizio o caio come “il nuovo Tim Buckley”, o “il nuovo Peter Hammill”, “il nuovo David Bowie”.
Antonello Venditti col suo piano era “Il nostro Elton John”, mentre Francesco De Gregori non era ancora Il Principe, ma un epigono di Bob Dylan. Nel suo caso, però, non era un’etichetta, De Gregori, con un ritardo decennale, effettivamente inseguiva Dylan.
In questo ribollente calderone nel 1972 arriva il disco del giovanissimo (22 anni) Alan Sorrenti, Aria. Il disco, suddiviso in una lunga suite sul lato A e tre brani sul lato B colpì positivamente i critici, che ne parlarono come di una rivelazione prog. Sorrenti poi era un personaggio unico per il mondo musicale. La madre era gallese, e da bambino aveva vissuto a lungo in Galles. Parlava bene inglese, e questo essere figlio (almeno per metà) del Regno Unito gli dava un’aura quasi mitica. Non era solo uno a cui piaceva la musica UK. Lui nel Regno Unito ci aveva vissuto, non c’era andato solo per le vacanze estive, o a vedere un concerto.
Napoli prog
I primi due dischi di Alan Sorrenti Aria (1972) e Come un vecchio incensiere del deserto (1973) si inseriscono in quello che può essere considerato il Rinascimento Napoletano dei primi anni ’70, tendenza musicale che fece di Napoli uno dei centri della musica italiana, accanto a Roma (la Scuola Romana), e Bologna. Genova era stata uno degli epicentri negli anni ’60, ma ora era passata in secondo piano, e Milano doveva ancora esplodere, come fece poi negli anni ’80, con la scena dei Club e le nuove sonorità New Wave/dance. Napoli era un calderone dove si mescolavano prog (perigeo), ricerca neo folk (Nuova Compagnia di Canto Popolare), Cantautori dalla vena rock (Edoardo Bennato), e molto altro. In questo crogiolo i dischi di Sorrenti proponevano una strada personale al Prog, diverso da quello di PFM, Orme, Banco o Perigeo stesso, apprezzata dalla critica e con buoni riscontri di vendita. Un maggiore successo di vendite arrivò col terzo disco ALAN SORRENTI (1974) che conteneva il singolo Dicitincello Vuje, classico della canzone napoletana. L’interpretazione di Sorrenti convinse la critica, e anche se non dispiegava nella canzone la potenza vocale che ad esempio avevano dato al brano Murolo, Mina o anche Claudio Villa, si coglieva una sincerità di fondo nel confrontarsi con la tradizione napoletana da parte di questo giovane italo-gallese,che convinceva. La critica apprezzò anche il singolo successivo Sienteme, it’s time to land, tratto dall’omonimo disco del 1976. A questo punto Alan Sorrenti era un giovane cantautore di moderato successo, etichettabile come prog rock, con venature folk. A quel punto successe il disastro.
Leggende Urbane
Occorre sfatare la leggenda che vuole Figli delle Stelle legato al fenomeno La Febbre del sabato sera. Il singolo che cambiò la vita e la carriera di Alan Sorrenti uscì quasi tre settimane prima del film (27 novembre 1977 il disco, 16 dicembre 1977 prima USA di Saturday Night Fever) e quasi cinque mesi prima della distribuzione italiana del film, (marzo 1978, col titolo La Febbre del Sabato Sera). Quindi Figli delle Stelle non è un modo per infilarsi furbescamente nel successo del film, e conseguente esplosione della Disco Music a livello planetario, ma il risultato di una esposizione di Alan Sorrenti alla scena dance UK e USA (ricordiamo che essendo di madrelingua inglese Alan Sorrenti non aveva problemi a frequentare le discoteche USA e UK). Figli delle Stelle, uscito il 24 novembre 1977, è – in un certo senso – l’affermazione sonora e testuale (troppo spesso si trascura il testo) della scena disco pubblicato in Italia. Bisogna però tornare indietro nel tempo fino a quegli anni. Era il 1977. Il Punk era scatenato, e aveva decretato la morte dei vecchi tromboni del rock. L’alternativa era la disco music. In realtà il pop e il rock esistevano ancora e stravendevano, se pensiamo che il singolo più venduto nel 1977 in UK fu Mull of Kintyre di Paul McCartney, una ballad semplice e all’antitesi di punk, disco, o altro, ma la critica (il NME, Rolling Stones, e in Italia ad esempio Ciao 2001) aveva deciso che il punk era il nuovo vangelo musicale, e la disco music era l’anticristo. Aggiungiamoci la componente politica, onnipresente in questi anni. I cantautori erano di sinistra, il punk era anarchico/extraparlamentare, e la disco music era borghese e di destra. Alan Sorrenti, passando da “cantautore” a “disco music” era diventato un traditore. Non fu il solo, intendiamoci, Renato Zero, un anno prima con Madam e Mi vendo tratti da Trapezio (1976) e soprattutto con Triangolo, super hit del 1977 compresa in quella pietra miliare che è Zerolandia gode di simili bolle, sorte che toccherà anche a Lucio Battisti per aver osato esplorare sonorità blasfeme in singoli come Ancora Tu del 1976 e di nuovo conUna donna per amico nel 1978.
Apoteosi
Figli delle Stelle fu un successo. Riuscì ad arrivare al n.1 delle classifiche, rimanendovi una settimana, prima di cedere il posto a Stayin’ Alive dei Bee Gees, singolo estratto proprio da La Febbre del Sabato Sera. Da notare che è un brano disco cantato interamente in italiano, mentre di solito i gruppi assemblati in studio dai produttori per sfruttare la moda disco, usavano nomi anglofoni, e cantano in inglese. Rimase nella Top Ten italiana per sedici settimane, e risultò l’ottavo singolo più venduto del 1978. A quel punto però l’Alan Sorrenti raffinato progger napoletano-gallese era svanito. Al suo posto c’era un venduto che invece di suite di 24 minuti dava al pubblico canzonette da tre minuti, per far muovere il sedere alle ballerine. Non era vero, ovvio, ma è cosa disse la critica più militante e rigorosa. Non pago dell’affronto di Figli delle Stelle nel 1979 Sorrenti rincarò la dose con Tu sei l’unica donna per me, singolo tratto da L.A. & N.Y. disco del 1979, che lo vede confrontarsi con il mondo musicale USA. Se lo sberleffo di Figli delle stelle era l’uso della disco music, qui l’oltraggio – per la critica militante – ea il ricorso dal romanticismo smielato e senza messaggio sociale. In un’epoca post punk, dove la musica doveva essere “musica ribelle” o non era musica ma “stampella del potere” (senza togliere nulla alla sincerità rock di Eugenio Finardi), e dove un Claudio Baglioni era visto con sospetto perché parlava di amore e non di scioperi o lotta di classe, un singolo come Tu sei l’unica donna per me, volutamente monodimensionale nella sua esplicita e disarmante, totalizzante, dichiarazione di amore era – paradossalmente – molto più rivoluzionario perché scardinava gli schemi ormai codificati della cosiddetta “musica d’autore”: Era una canzoncina. Vero. Era orecchiabile. Vero. Era ingenua. Si, e no. Era musicalmente vincente, perché la melodia ti entrava in testa e non ti mollava più. Sorrenti con questo brano vinse il Festivalbar, e fu il singolo più venduto del 1979.
Nello stesso anno il brano avviò l’ingresso nella cultura pop a due fratelli, figli d’arte: con Figlio delle stelle, film del 1979 i fratelli Carlo ed Enrico Vanzina varano il filone dei film giovanili che avrà in Sapore di mare e Vacanze di Natale i suoi trionfi. Il film è una passerella per le canzoni di Alan Sorrenti, e la storia è tagliata a misura su di lui. Un giovane cantante cerca di diventare famoso, non ci riesce, cade in depressione, e solo l’amore di una ragazza lo aiuterà a ritrovare la serenità interiore. Il film di Carlo Vanzina fu l’ultimo chiodo nella bara dell’Alan Sorrenti progger autoriale.
In quegli anni i cantanti seri, impegnati non facevano film. Eccetto Renato Zero con Ciao Ni! gli unici cantanti che macinavano film su film, con grandi incassi e scarsissima considerazione, erano Mario Merola e Nino D’Angelo. Alan Sorrenti era sempre più un “traditore. Ripensando a quegli anni lo stesso Sorrenti dichiarò che la svolta disco fu “un cambio di stile molto traumatico”. Il successo di vendite portò Sorrenti fino all’Eurovision Song Contest, altra prova per la critica musical italiana, che ormai era una parodia di se stesso. L’ESC in quegli anni era considerato un baraccone pieno di ciarpame musicale, indegno di essere considerato. Eppure Sorrenti nel 1980 andò, propose Non so che darei, arrivò sesto, e la canzone ebbe un buon successo di vendite a livello europeo. Il fatto che a farsi conoscere in Europa fosse una canzonetta e non la “vera musica italiana” fatta di cantautori e/o new wave non aiutò Sorrenti, che si vide ancora una volta snobbato.
Crollo
Nel 1983 sembrò che il Dio della Musica alfine avesse deciso di punire il reprobo che aveva usato andare contro l’autorialità. Sorrenti fu sorpreso dalla moglie, la modella statunitense Tony Lee Carland, da cui si era separato, con un’altra donna. La cosa degenerò al punto che dovettero intervenire le forze dell’ordine per calmare la Carland, in preda a una furia violenta. Il problema fu che nel corso del sopralluogo furono trovate alcune dosi di eroina. A quel punto la Carland accusò Sorrenti non solo di fare uso di droga, ma anche di spacciarla. Alan Sorrenti fu arrestato, processato, e dovette trascorrere 33 giorni nel carcere di Rebibbia. A quel punto la carriera di Sorrenti implose. Al termine di un percorso di ridefinizione di se stesso che lo portò ad avvicinarsi alla pratica del Buddismo, nel 1987 Alan Sorrenti tornò a fare musica e ad esibirsi, ma il successo ormai era cosa passata.
Revival
Nel 2010 l’uscita del film Figli delle Stelle di Lucio Pellegrini, con interpreti Pierfrancesco Favino e Giuseppe Battiston, in cui il brano omonimo è parte integrante della trama del film e si sente sui titoli di coda, ha riportato in auge il brano, tanto che tre anni dopo Alan Sorrenti ha deciso di reinciderlo, dadone una versione elettro-dance. La presa di Figli delle Stellenell’immaginario musicale è confermata dal fatto che altri artisti (J-Ax, Fedez, e altri) hanno usato loop e campionamenti del brano per colorire i loro pezzi, dandogli un sapore disco anni ’70.
Alan Sorrenti è stato un autore che ha seguito le sue passioni, per alcuni sbagliando ma indovinando i tempi giusti, sicuramente mettendosi contro la critica che crea e distrugge gli idoli, ma ha lasciato ameno due brani (se non tre) che restano nel grande canzoniere italiano di tutti i tempi. La suggestione di Figli delle Stelle è nel bene come nel male talmente d’impatto sul fronte dell’immaginario pop che nel 1981 si guadagna una citazione nella leggendaria Bandiera Bianca di Franco Battiato che pare vedere in lei, in una certa misura, quell'edonismo che prende forma nel decennio successivo. Tutto ciò, le vette della classifica, i tonfi abissali, successi colossali, e le critiche ferocissime, il segnare una moda e averla travalicata consegnando alla generazione post 2000 un brano che ancora cattura, lasciatecelo dire, non è cosa da poco.
Quanti di noi sono ancora Figli delle Stelle?
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