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Pier Luigi Manieri

Visitabili fino al 26 febbraio, gli esperimenti di moda di Robotizzati

Aggiornamento: 5 mar 2021


Da saggista cinematografico specializzato in fantascienza e scrittore dall’afflato fortemente condizionato dalle suggestioni che superano la soglia del normale, non posso che rimanere affascinato dalla rappresentazione-spettacolarizzazione che Robotizzati offre del rapporto tra moda e immaginario tecnologico fantastico. Così come da uomo di marketing e

comunicazione d’impresa per lunghi anni operativo nella moda, non sono rimasto sorpreso dal connubio. Una sorta di uovo di colombo, un colpo d’ala che aspettava solo di essere battuto. Moda e tecnologia funzionano da sempre in una relazione di causa ed effetto, in cui di volta in volta, l’una ispira l’altra. Si pensi a polimeri come il Teflon e allo Spandex, da cui si arriva alla Lycra. Tessuti industriali entrati prepotentemente nell’abbigliamento. E non solo, lo Spandex non può non richiamare alla mente le divinità pop del 900, ovvero i supereroi: in quanti ne hanno fatto largo uso? Se inseguendo il flusso di pensieri associativi si estende il giro d’orizzonte alle arti applicate, che nel secolo scorso e in questo inizio del ventunesimo secolo hanno avviato una strettissima collaborazione tra linguaggi, si certifica come il cinema e la moda, la moda e il fumetto, moda e serial tv, hanno dialogato in un crescendo d’influenza. Celebre è la collaborazione di Paco Rabanne al Barbarella di Roger Vadim. Manifesto iconico del fumetto nouvelle vogue incentrato sulla disinibita eroina dello spazio. Ma non meno d’impatto sono le creazioni di Jean Paul Gautier per Il Quinto Elemento. Partire dall’asso della moda francese e dall’ex enfant prodige e (terrible) transalpino non è un caso, entrambi ben figurano nell’ensemble pensato da Dominella e orchestrato da Guillermo Mariotto che costituisce una dirompente mise en scene in cui sono passati in rassegna alcuni dei momenti chiave, tanto della moda quanto della fantascienza, sia essa letteraria, cinematografica e soprattutto, d’animazione. Lo sbarco sulla luna è uno dei punti di partenza su cui si snoda il percorso, la celebre passeggiata di Amrstrong innescò la Moda Lunare e con essa, l’utilizzo di metalli e materiali plastici (la televisione non rimase indifferente, si pensi ai costumi di scena della serie britannica UFO).

Quella grandiosa avventura suggerì alla Tecnica, gloriosa marca italiana di sportwear da neve, i Moon Boots! Tubolari doposci che più velocemente della luce s’imposero come calzatura d’obbligo nelle stazioni sciistiche di tutto il mondo. Un esemplare particolarmente appariscente fa bella mostra di sé in una delle molte teche di cui Robotizzati è disseminata.

Spunti ve ne sono d’infiniti, e se è vero che L’allunaggio, Sportswear, Fantasia e creatività allo stato puro sono le tre aree in cui è diviso l’allestimento, non si fa fatica a rintracciare un gran numero di riferimenti più o meno voluti e consapevoli ma non di meno, evidenti, che tutto sommato, non potevano mancare. Echi di Metropolis si riverberano sulla scultura di Federico Paris e ugualmente sugli abiti come armature. Ma anche come vere e proprie entità metalliche: i robot, teorizzati da Asimov ma che forse si sono emancipati dalle tre leggi. Similmente agli esercizi di styling di Guillermo Mariotto, che reinventa combinando tra loro elementi nati da virtuosità differenti assemblando automi senzienti “più umani degli umani”, creature

biomeccaniche parte uomo e parte macchina che sembrano emergere dalla dolente e magnifica distopia generata dall’incontro di due geni visionari come Dick e Scott, il quale supera la stesura originale di Do Androids Dream of Electric Sheep? per ricreare un futuro prossimo, retrò e crepuscolare.

Parimenti neo gotico e futuristicamente barocco, in cui si muovono furtivi nell’ombra, o mescolati tra gli esseri umani accalcati in megalopoli piovose e sovraffollate, i replicanti. Umanoidi sintetici dalle facoltà sovraumane. Molti dei costumi di scena ricordano le linee dei capolavori selezionati da Mariotto, a cominciare da Thierry Mugler e Yohji Yamamoto.


Detto delle operazioni di styling che hanno interessato moltissimi dei capi a cominciare dal Giorgio Armani l’esposizione-performance si compone di pezzi provenienti da archivi storici, come, tra gli altri, i capi di Max Mara e Alexander McQueen, e di creazioni realizzate proprio per l’esposizione, come quelli di Michele Gaudiomonte e Antonio Marras. Robotizzati è complessivamente un’occasione unica per ammirare tutti insieme una preziosissima selezione dei più celebrati e desiderati stilisti di ogni tempo a partire da Gucci, Prada, Moschino, Gianfranco Ferrè, Enrico Coveri, Gattinoni… e con loro, alcuni interessanti emergenti come Beatrice Bocci e Francesca Nori.

Ma Robotizzati è anche un’immersione nei mecha nipponici. I leggendari giganteschi robot che vigilano come divinità guerriere sull’arcipelago del Sol levante, immaginati da Go Nakai, Tomino, Matsumoto, i figli della generazione dell’atomo. Splenditi esemplari di Grendizer (Goldrake), Jeeg, Gaikin, Getter Robot, Great Mazinger , Afrodite A, Venus Alfa, Daitarn 3, Gundam, Danguard A, a rappresentare come il manga e l’anime giapponese abbiano segnato indelebilmente l’immaginario occidentale, influenzandone l’estetica, si pensi ai robot di Pacific Rim, Avatar e precedentemente ai Transformers. Una suggestione che ha aderito saldamente tanto che Dominella che ha voluto dedicargli un’intera sezione attingendo a piene mani dalla collezione di Roberto Pesucci. Oltre agli splendidi pezzi da collezione, non si può non rimanere a bocca aperta di fronte ad un enorme Gundam realizzato con la stampante 3D dal designer Silvio Tassinari di FabFactory. Meno tre giorni alla chiusura del 26 febbraio presso il WEGIL, Largo Ascianghi 5 Roma (Trastevere). Affrettatevi!


Tre domande a Guillermo Mariotto, stilista e direttore artistico di Robotizzati:


Covid permettendo, dove si trasferirà Robotizzati alla conclusione dell’esposizione romana?

Hai detto bene, nei programmi dovrebbe fare tappa a Palazzo delle Penna a Perugia e Milano a Palazzo Morando e poi in Corea del Sud, ma ad oggi è impossibile fissare delle date…


Al netto della chiusura per la quarantena, siete soddisfatti?

Molto soddisfatti anche se come sappiamo, per lungo tempo non è stata visitabile. La chiusura appena tre giorni dopo è stata una botta forte. E la stessa riapertura parziale, è stata penalizzante. Notoriamente il sabato e la domenica sono i giorni di maggior affluenza, penso che in assoluto, quindi uscendo dal caso specifico di Robotizzati, applicando tutte le misure previste, compreso gli ingressi contingentati, sia opportuno rivedere questo divieto.


Un pensiero sui robot mecha che hanno invaso la mostra?

Siamo come tornati bambini…


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